CGIL all’ultima piazza

21

Sabato 25 ottobre la Cgil ha manifestato contro il governo Renzi e la sua idea di riforma del lavoro. Noi de l’Amaro abbiamo seguito i due immensi cortei che si sono snodati per Roma ed ascoltato il comizio finale. Non è stato facile osservare, ascoltare, capire il senso di questa gigantesca mobilitazione.
Innanzitutto ho dovuto contenere per tutta la mattinata un moto continuo di primitivo furore che mi spingeva continuamente a chiedermi: “Queste persone che sfilano, non è che il Pd di Renzi l’hanno votato?”. Ma poi una domanda ancora più inquietante mi ha represso la precedente: “Com’è stato possibile che il partito comunista più forte d’Occidente abbia prodotto la sinistra più debole d’Europa, ideologicamente ed elettoralmente? E, di conseguenza, questa giornata a cosa serve?”. La (parzialissima) risposta che mi son dato è che sì, portare in piazza un milione di persone può ancora servire, ma è l’ultima spiaggia, il Piave dei lavoratori italiani.

Serve perché sventolavano più bandiere di partiti, partitini e partitucoli nel corteo che fuori dal Palazzo di vetro: la Cgil è l’ultima e l’unica organizzazione di massa rimasta in piedi in Italia, nonostante anni di sfacciato e sterile collateralismo con i partiti che a parole erano dalla sua parte e nei fatti e negli atti hanno creato la babele di tipologie contrattuali che adesso tutti si affrettano a condannare (compresa l’Europa, ma questo i mille Cuordileone del giornalismo italiano non lo dicono per non disturbare il manovratore, chiunque esso sia).
Serve perché, e probabilmente la Camusso non l’ha ancora colto (e perciò parla con troppa timidezza di sciopero generale), la permanenza del diritto ad un lavoro stabile, in questa fase storica, coincide con la difesa dell’idea di sindacato tout-court. La cancellazione di quel diritto equivarrebbe alla cancellazione del concetto di sindacato per come l’abbiamo conosciuto negli ultimi due secoli e segnerebbe la retrocessione di Cgil e consimili a mero patronato, studio commerciale per tutti quelli che non potranno permettersi il commercialista.

Il 25 ottobre a Roma si è aperta una fase di lotta che, per la sua portata, sarà posta nei libri di storia alla stregua di quella culminata con la marcia dei 40.000 a Torino. Il futuro prossimo ci dirà se il corteo romano è stato il battesimo di una nuova stagione dei diritti per i lavoratori italiani o il funerale delle loro speranze.


*postilla dell’altro inviato:

Nella stessa giornata, in due città diverse, una parte di PD dà voce a chi chiede di limitare il diritto allo sciopero, un’altra sfila a braccetto con chi ne indice, forse, uno generale.
Perché sorprendersi allora se all’interno dello stesso corteo la bandiera di quel partito viene innalzata fieramente, poi portata con un drappo funebre, altrove dileggiata e poi attaccata?

Forse, a sorprendere, c’è solo il fatto che tutto ciò sia ancora considerato sostenibile.

Antonio Basile

Idealista pratico. Se le passioni si nutrono di ostacoli, le mie sono obese.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top