La conoscenza dell’ignoranza

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Avevo appena risposto ad una domanda. Chi era intorno a me non si stava preoccupando dell’esattezza della risposta, ma che la risposta fosse diversa da “non lo so”.

Ho ritenuto normale, per quel che sono, per le mie passioni, sapere la risposta a quella domanda. Eppure guardavo solo facce sorprese.
Le persone che mi conoscono dicono sia intelligente, spesso faccio notare di avere solo buona memoria e notevole curiosità; non è colpa mia, quantomeno della mia coscienza, se ricordo cose che non dovrei, che non è necessario ricordare. Non lo faccio per mostrarmi superiore o per sfoggiare conoscenza, ho capito forse troppo tardi che da sola non serve, è solo che certe cose le so e dirle aiuterebbe il discorso, la conversazione, il dibattito.

Le facce mi creano disagio, perché sbaglio sempre l’interpretazione; quelle sorprese di più, perché mi ricordano quanto più spesso dovrei meravigliarmi o che ci si meraviglia per troppo poco.

“L’ignoranza volontaria era un importante mezzo di sopravvivenza, forse il più importante di tutti” è il suggerimento indiretto di Jonathan Franzen nel suo romanzo Le correzioni. Me ne sono servito, lo trovo utile con chi mi illudo abbia scarsa autostima. Ve lo consiglio, se siete sociopatici in seguito al crollo dell’idea di poter controllare il mondo.

bir6trLa parola chiave è ignoranza, probabilmente la parola italiana più social visto che facciamo i selfie e non le foto. C’è il post ignorante, il selfie ignorantissimo, il video ignorante e, su tutti, il bomber ed il bomberissimo ignorante. Ignorante, di che? Io odio gli ignoranti. E mi odio quando scopro di esserlo. È una delle cause della mia continua insoddisfazione. C’è una sola cosa ignorante che adoro, il suo tiro.

Il punto è che l’ignoranza è una stanza comoda, soprattutto se e perché in dentro si è in tanti. E, proprio perché si è in tanti, l’obiettivo non è venirne fuori – in meglio, per carità –, essere meno ignoranti perché migliora la qualità della vita. No, l’obiettivo è spiccare lì dentro, essere i più ignoranti senza nessuno a dire che più non è meglio, a volte è solo più.

Non possiamo neanche salvarci con Socrate ed il suo sapere di non sapere perché lui non se ne lava le mani, è il primo a dire che la conoscenza è l’unico modo per essere uomini virtuosi. Vagli a spiegare quali sono le attuali virtù.

Marcelo Gleiser all’interno del suo libro The island of knowledge parla di “un’isola della conoscenza” come l’insieme del nostro sapere, circondata dall’”oceano inesplorato dell’ignoto”. L’aumentare delle conoscenze, però, non porta all’emersione ulteriore dell’isola a scapito dell’oceano: “con l’ingrandirsi dell’isola della conoscenza, crescono anche le rive dell’ignoranza, conoscere di più non ci porta a un punto più vicino a un traguardo finale, ci porta a ulteriori domande e misteri. Più sappiamo, più siamo esposti alla nostra ignoranza, e più sappiamo di dover fare nuove domande».

È una fregatura, insomma. Anche perché, quanti si chiedono “perché io non conosco quello che lui\lei dice?”

E perché io conosco quello che dico? Ecco, un’altra fregatura.

Sergio Palazzi

Laurea in Scienze motorie e passione per sport e lettura. Destinato a sopravvivere. Sogna ad occhi aperti, perché i sogni ad occhi chiusi non li ricorda o non gli piacciono.

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